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Tuchinaggio

Il mito carnevalesco

Carnevale di Ivrea, radici valchiusellesi

Nel quadro generale del Carnevale di Ivrea, si inserisce in modo defilato ma oggettivamente basilare, un elemento apparentemente marginale. Il tuchinaggio.


Sappiamo che la contrapposizione fra il potere “tirannico” e quello “popolare” è il punto di svolta della manifestazione, ovvero il dualismo secolare, trasformato in battaglia fisica e simbolica, fra il popolino soggiogato e l’ancienne regime pauperista.


Ma cosa c’entra la Valchiusella? Attualmente, fornisce molta “truppa festosa” per il Carnevale, ma alla base della manifestazione trasforma una narrazione storica in finzione mitologica, ossia crea una tradizione di leggenda partendo da un movimento storico e sociale, realmente accaduto: il tuchinaggio. Evento che ebbe nella Valchiusella una terra fertile e precocemente elettiva. Ma andiamo con ordine

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Chi erano i tuchini e come si può inquadrare il tuchinaggio?

Il tuchinaggio è una sorta di movimento diremmo oggi “antagonista” che, dapprima dalla parte più bassa si trasferisce fino alla fascia mediana della popolazione. Una sorta di ribellione contadina che cresce si manifesta verso l’autorità feudale attorno al 1300-1400, in diverse parti d’Europa. 


Primo luogo di manifestazione è la rivolta contadina della Linguadoca (in Francia) del 1382, contro le vessazioni di un potentato locale. Si deve qui osservare la prima trasformazione interclassista del movimento, ovvero non aderiscono solo i contadini, ma man mano anche gli artigiani e la piccola borghesia, che in quei anni si viene ad affacciare al mondo.

 

Questa insofferenza, questa rivolta con il potere feudale, non deve essere però vista come una rivoluzione permanente contro il potere, quanto l’appello disperato del popolo verso il Sovrano, rispetto alle angherie che il popolo subisce dalla parte mediana della nobiltà (vassalli) e delle truppe che scorrazzano sul territorio.

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Come ben descrive Livio Barengo Presidente dell'Associazione Culturale “Francesco Mondino” di Mazzè, il tuchinaggio:
Propagatosi in tutta la Francia meridionale, prese di mira la nobiltà, il clero, i ricchi borghesi, e fu talvolta guidato anche da nobili, come Jean de Ferrières e Pierre de Bri che furono decapitati a Carcassonne (1384). Dopo atroci massacri fu domato (1384) dal duca di Berry e dai suoi luogotenenti Eudin de Beaucaire e Jean de la Rivière. Anche in Piemonte si ebbe il tuchinaggio, specialmente nel Canavese (1385), fomentato da Teodoro II marchese del Monferrato, che desiderava suscitare difficoltà all'espansione territoriale dei conti di Savoia; fu stroncato (1387) dal Conte di Savoia Amedeo VII. Le origini del fenomeno del tuchinaggio in Canavese vanno però anche ricercate nel malcontento e nell'odio dei popolani verso i propri padroni che governavano e imponevano la loro volontà, ricorrendo ai mezzi e ai sistemi più vili e umilianti: ricatti, balzelli, usura, confisca dei beni, abuso di potere e cattiva amministrazione della giustizia. Una vera sollevazione popolare contro la nobiltà si manifestò in modo più cruenta nelle località di Brosso, Strambinello, Lessolo.


Se abbiamo ora gli strumenti per indagare il fenomeno, ora è interessare capire la diversità fondamentale, di questo tipo di movimento di rivolta, rispetto ad altri. Ovvero la coralità la forte radicazione del movimento nel territorio canavesano. 


Infatti, il movimento (lontano da essere capeggiato da un componente) era veramente endemico e sistemico nel Canavese e soprattutto era fortemente venato da una specificità di classi sociali, che non metteva a rischio lo status quo della società, quanto denunciava la troppa pressione (economica e di risorse) di una certa parte dello della nobiltà, in particolar modo quella periferica e di nuova elevatura. 

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Perché “tuchini”? Il nome si presta a molte divagazioni, alcune molto romantiche e di chiaro sapore risorgimentale. 
In Canavese rimane forte e diffusa la convinzione che il termine "Tuchinaggio" derivi dal dialetto piemontese "tucc-un" che sta a significare tutti in uno o tutti per uno, una sorta di Robin Hood delle terre tra la Dora Baltea e l’Orco. In realtà, sebbene il termine è stato interpretato dagli storici in diversi modi, quello più accreditato è che la parola derivi dal francese tous chiens, tutti cani o da "tue chiens", ammazzacani. Ovvero i tuchini erano i popolani che ammazzavano i cani del padrone. Animali da caccia e di pedigree che erano nell’antichità, la forma più coercitivamente e basicamente lampante della superiorità del feudatario. Questi animali da caccia ed addestrati alle varie discipline della dea Diana, non potevano esser toccati neppure se creavano danni alle coltivazioni o uccidevano animali domestici.


Sinteticamente la vicenda del tuchinaggio, può essere tratteggiata:
-    Pressione economica e sociale verso la massa della popolazione, da parte del feudatario e dalle sue schiere;
-    Malcontento che dal popolino lambisce anche gli artigiani e gli strati adiacenti dei liberi comuni;
-    Ribellione, man mano marcata e “visiva” verso il potere feudale locale;
-    Azione di controinsurrezione del potere periferico;
-    Ribellione manifesta con distruzione del potere feudale e appello all’azione di protettore delle genti verso il potere “centrale” e contestuale attività mediatrice di quello locale;
-    Scontro fisico e insurrezione, con conseguente disassamento del conflitto, con primi cedimenti del fronte “popolare”;
-    Crollo delle istanze dal basso;
-    Pacificazione ex ante. 

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Infatti, nel caso del fenomeno canavesano, il conflitto terminò attorno al 1390. Infatti grazie all'intervento della famiglia Visconti:

Numerose località canavesane che si erano sottomesse al Monferrato e che ritornano ai Savoia. La lista corrisponde esattamente alle comunità soggette ai conti di San Martino e al ramo primogenito dei Valperga, ad indicare che i Tuchini avevano negoziato con l'uno o l'altro dei principi (se non con entrambi) pur di mantenere il controllo armato del loro territorio.
In quell’estate, Amedeo VII Milano dal Visconti per definire l'arbitrato. Mosse quindi in armi contro Cuorgnè e le valli valle Orco e Soana, che erano passate dalla parte dei Paleologi, ottenendo una facile vittoria. Il termine del conflitto con i Tuchini viene formalizzato il 2 maggio 1391: nell'atto il conte riferisce di aver ripreso il possesso di tutti i luoghi e ricevuto le fedeltà degli abitanti, nomina alcuni commissari per istruire inchieste e processi «contra nonnullos ex dictis rebellibus et tuchinis». Meno di dieci tuchini, per lo più di Cuorgné e valli, vengono impiccati ad Ivrea ed altri condannati al carcere.

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Non era però una rotta completa, anche perché rispetto alle guerre totali moderne e contemporanee, l’attività di repressione, era molto dura ma mai completa. Infatti come ci conferma l’enciclopedia libera:

Tutte le terre che nel corso del conflitto avevano rinnovato la fedeltà al Savoia devono versare ai feudatari gli arretrati delle tasse non pagate, ma deducendo quanto nel frattempo versato al conte di Savoia. In sostanza, si tratta di una cancellazione dei debiti verso i Valperga e i Masino. Amedeo VII multerà le comunità ribelli concordando con loro una composizione, ma accoglie la più importante rivendicazione dei popolani, quella dei diritti di successione. Le comunità della Valle di Brosso, accusate dei peggiori eccessi, pagarono 1000 fiorini, la Val Soana 1275, la Valle di Castelnuovo 2750, la comunità di Locana 1650, quella di Cuorgné 1500; le altre comunità ritenute "compromesse" sborsarono somme decisamente minori. Le multe erano molto inferiori a quelle previste nel 1385 ed in quei cinque anni di autogoverno i comuni avevano goduto di tutti i redditi senza pagare imposte.

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Un fenomeno, certamente complesso, in cui alcuni strascichi vi furono ancora dopo il 1440. Infatti un “cambio di terre” fra diversi regnanti, ebbe alcuni problemi. Tuttavia il percorso era segnato. Il tuchinaggio aveva concluso la sua mobilitazione. 
Il tuchinaggio però, fu ampiamente ripreso come elemento risorgimentale tipico del Canavese. Dapprima come sentimento territoriale e successivamente romantico – carnevalesco. Infatti, la parola d’ordine “Tucc’un”, fu il motto del Battaglione Ivrea, facente parte del IV° Reggimento alpini.

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Un fenomeno, certamente complesso, in cui alcuni strascichi vi furono ancora dopo il 1440. Infatti un “cambio di terre” fra diversi regnanti, ebbe alcuni problemi. Tuttavia il percorso era segnato. Il tuchinaggio aveva concluso la sua mobilitazione. 
Il tuchinaggio però, fu ampiamente ripreso come elemento risorgimentale tipico del Canavese. Dapprima come sentimento territoriale e successivamente romantico – carnevalesco. Infatti, la parola d’ordine “Tucc’un”, fu il motto del Battaglione Ivrea, facente parte del IV° Reggimento alpini.

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E finalmente, almeno per ora, i Tuchini del Borghetto. L’unica squadra degli Arancieri di Ivrea che dà battaglia sul lato destro della Dora. Una battaglia che attraverso le arance e la festa, ripercorre le gesti della gentes del Canavese.

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“La canzone del Canavese”

di Flavio Mazzetti, 1923

 

Baroni e cavalieri, paggi e scudieri,
villici e artieri scendete a Valperga
ed a Malgrà la forte, in letizia.


Corra la spola e ribatta cadenzando
L’artigian telaio che la pingue Rivarol onora;
taccian le ire, e più non avvampi
Anzasco, non più da Brosso ruini
In chiodata botte il dilaniato corpo
Del signor del sito!


Sia pace e terra fra nobili e tuchini,
storniscano le campane
e rulli il tamburo
e trilli il piffero.


Escan dagli antri le armate plebi,
e scedan a popolar il piano;
Tornin alle case abbandonate
I profughi e le armenta.


Grevi sono al tempo i dieci anni scorsi
Sul prato di sangue spunti il ciclamino
E sul pian della battaglia
Mite, la pecora beli,
annusando il cielo.


Il grande Ibleto, Bona e Jolanda,
Gianni Capra, Ascanio di Burolo,
tutti convengan in sulla notte
al pian d’acquabella,
giungan da Cuorgnè i cento
arditi che a Valperga trassero
l’arme di Carlevato

Di se facendo con petto e cuor gagliardi
Agli inermi usbergo.


Giugan da Pobbia e da Albiano ancora
Le roncolanti plebi
E da Nole sen vengan, e da Ciriè
Le verdi insegne.


Allor di per se suonerai le campane
Note brevi, lunghe, strane.
Suonerai la gloriosa istoria nostra
Scritta col sangue
Per la gente nova.


Pace a voi Tuchini dormenti
Il sonno degli eroi.
Gloria a voi dimentichi,
fiera gente di Salassa stirpe.


Dal fondo del sospiro
Stilli unica lacrima,
e sussurri l’acqua
la vostra fede.


Sorgan i vecchi ad infiorar le spose,
ed il convinto s’appresti
nei perduti casolari.


E così la leggenda corra,
e così la vita passi.


Date alla vergin di Parella sepoltura,
le tronche teste togliete
dalle sanguinanti picche.


Sol fra le messi brilli
L’arme già falciante
Allo sterminio.

 

Piccola Bibliografia e annotazioni fotografiche

 

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